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Prestazioni professionali gratuite e fisco, interviene la Cassazione

Prestazioni professionali gratuite e fisco, interviene la Cassazione

La Corte di Cassazione con ordinanza n. 21994/2020 depositata il 12 ottobre scorso, ha stabilito che ai fini fiscali, le fatture dei professionisti, in presenza di continuità delle prestazioni negli anni e l’assenza di qualsiasi azione di recupero nei confronti dei clienti, si considerano pagate.

Oltre al danno la beffa in quanto alla perdita del credito il professionista deve mettere in conto che il fisco possa chiedere le imposte teoricamente dovute sulle somme non incassate.

L’Ordinanza interviene in merito ad un avviso di accertamento fiscale a carico di uno Studio professionale a cui sono state disconosciute alcune note di credito a storno di alcune  fatture emesse in vari anni nei confronti di un cliente,poi fallito, poiché secondo i professionisti mai incassate.

Le contestazioni sollevate dall’Agenzia delle Entrate  sono state dettate dal fatto che per molti anni lo studio professionale ha continuato ad emettere fatture,a contabilizzarle, a versare la relativa IVA, a garantire le prestazioni negli anni  senza mai contestare i mancati pagamenti.

Proprio tale comportamento ha determinato il convincimento della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ad accettare il ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate contro il parziale accoglimento del primo grado, confermato per l’appunto dalla Corte di Cassazione.

Gli ermellini hanno osservato che il ricorrente non ha individuato «errori logici nel ragionamento inferenziale del giudice di merito, che ha ritenuto inverosimile che un contribuente abbia emesso fatture per prestazioni non pagate per svariati anni (anziché emettere note pro forma in applicazione del principio di cassa: Cass., Sez. V, 30 luglio 2014, n. 17306), senza mai attivarsi per il recupero forzoso degli importi, assumendosi il rischio, evidenziato dal contro ricorrente, della formulazione di eccezione di prescrizione presuntiva di cui all’art. 2656, n. 2 cod. civ.».

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